Sarà reso noto questa mattina l’esito del riesame di Venanzio Tripodo e Antonino D’Errigo, due degli arrestati nell’ambito dell’inchiesta Damasco. I due, difesi dagli avvocati Maria Antonietta Cestra e Giuseppe Lauretti, ieri mattina hanno spiegato la loro versione dei fatti, respingendo, punto per punto, le accuse a loro carico. Al centro della difesa restano le intercettazioni che, come ci spiega Lauretti: “Sono l’unico supporto probatorio dell’indagine”. In particolare Venanzio Tripodo, considerato con il fratello Carmelo il capo del sodalizio criminale sgominato, è accusato di illecita concorrenza all’interno del Mof. Accusa che viene respinta fermamente dal suo legale: “Il mio assistito di lavoro fa il mediatore, è quindi logico che vi siano intercettazioni in cui contratta sui prezzi della frutta, ma da qui a dire che è stata messa in piedi un’associazione a delinquere ce ne passa. Per il D’Arrigo, poi, ci sono pochissimi passaggi nelle intercettazioni che risalgono addirittura al 2007”. Anche Lauretti, al pari di altri difensori di persone coinvolte nell’inchiesta, tiene a sottolineare un’anomalia di questo procedimento: le mancate notifiche sulla convocazione del riesame. Un “vizio procedurale” su cui altri legali, come Giulio Mastrobattista, hanno presentato eccezione facendo cadere automaticamente le ordinanze. Ordinanze poi reiterate per ben sei coinvolti tra cui Riccardo Izzi e Carmelo Tripodo. Anche per Venanzio Tripodo si era presentata questa problematica, ma i legali hanno preferito entrare nel merito della discussione. In attesa che il Tribunale della Libertà si pronunci su D’Errigo e Tripodo, va ricordato che sono già tornati a casa i tre dirigenti comunali coinvolti nell’inchiesta e finiti ai domiciliari: il comandante della Polizia municipale Dario Leone, il dirigente del settore Bilancio, Tommasina Biondino e quello dei Lavori Pubblici, Gianfranco Mariorenzi. Tre scarcerazioni che contribuiscono a ridimensionare sostanzialmente il quadro dell’inchiesta. I tre, infatti, sono considerati la ramificazione nell’amministrazione comunale dell’organizzazione criminale. Nella giornata di mercoledì il Tribunale si è pronunciato anche su altre due posizioni, quelle di Massimo Anastasio Di Fazio, difeso dall’avvocato Maurizio Forte, e di Igor Catalano, difeso da Archidiacono e Panzini, per ambedue sono state confermate le misure cautelari: carcere per Catalano e domiciliari per Di Fazio, noto anche con il soprannome di Peticone e coinvolto anche nella prima fase di Damasco, quella legata all’usura che lo portò dietro le sbarre il 13 febbraio dello scorso anno.
Riccardo Antonilli
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